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Stagione per le scuole al teatro Grandinetti
Al teatro Grandinetti di Lamezia Terme due spettacoli per ragazzi a partire dal 22 marzo.
Si parte con “Regina delle Nevi” (22 e 23 marzo) di Livia Amabilino/ con Irene Ferrara (danzatrice) e Daniela Gattorno (attrice e giocoleria)/ regia Enza De Rose.
La “Regina delle Nevi” vuole distruggere l’arte e creare un mondo nuovo, dove la razionalità sostituisce le emozioni e il vento polare raffredda gli animi umani. Per farlo, rapisce tutti i folletti, del mondo di mezzo, allo scopo di annientarli.
Da molti secoli, oramai, i folletti sono i patroni delle arti, che muovono e scaldano l’animo umano. Ogni folletto ha il compito di proteggere e instillare “il fuoco sacro dell’arte” nel cuore degli uomini. Un bel giorno la Regina rapisce e congela tutti i folletti delle arti ma gliene scappa uno: Il folletto della musica e del canto. Riuscirà il nostro eroe a liberare i folletti e ha sciogliere il cuore di ghiaccio della Regina?
Nell’antefatto si racconta come un troll malvagio, su commissione delle Regina, abbia creato uno specchio capace di far sparire tutto ciò che di bello si specchia in esso, e di accentuare e di deformare tutto il cattivo. Un Bel giorno la regina decide di frantumare lo specchio e rapire tutti i folletti protettori delle arti. Lo specchio si rompe in mille frammenti che vengono dispersi per il mondo, entrando negli occhi e nei cuori degli uomini corrompendo le loro anime, allontanandoli così dall’arte. L’unico folletto che riesce a salvarsi dalla furia della Regina è Folkest, il folletto protettore della musica.
Mentre un bel giorno Folkest suonava la sua sansula in riva ad un fiume tutto triste e disperato, per la scomparsa dei suoi fratelli, gli viene in mente che l’anziano Folletto Storytel, il patrono delle storie, aveva sussurrato nell’orecchio di Hans Andersen la storia della Regina delle nevi, facendola così diventare una delle storie più famose tra i bambini. Folkest deciso a salvare i suoi fratelli e tutte le anime degli uomini.
Entra nell’antica libreria del folletto Storytel, prende il libro e decide di ripercorrere i luoghi narrati nella Fiaba.
Il 13 aprile sempre al teatro Grandinetti le storie di kirikù compagnia ospite: teatro dei colori in collaborazione con Associazione Pietraluna. L’età: infanzia e primaria Progetto “mondi racconti” per l’integrazione culturale.
Testo e spazio: Gabriele Ciaccia/Regia: Valentina Ciaccia/Interpreti: Andrea Tufo, Massimo Sconci, Valentina Franciosi/Figure : Bartolomeo Giusti Ombre: Roberto Santavicca/
Tecniche: Teatro d’attore e di figura con suoni dal vivo/Organizzazione: Gabriella Montuori Il bimbo più furbo, scaltro e veloce della tradizione Africana si chiama Kirikù, è diverso dagli altri, è speciale. La sua voce si sentiva già dal ventre della mamma e appena nasce, da solo si dà il nome. Capisce che il suo mondo, il suo villaggio vive una maledizione, la fonte dell’acqua è secca, gli uomini e anche il suo papà sono scomparsi.
Kirikù è piccolo, nessuno vuole giocare con lui, ma poi tutti lo cercheranno perché è coraggioso, supererà prove, libererà il villaggio dalle maledizioni. Utilizzando la sua astuzia, supererà la paura della strega Karabà, e con grande coraggio si avvicinerà a lei. Ma nel villaggio non credono a tutto ciò. In una capanna dalle pareti e tetto di tela, strumenti musicali a percussione africani accompagnano la nascita del piccolo, in un tronco cavo abita il vecchio narratore.
Kirikù vuole subito capire e vede lo zio che cammina tra gli alberi corallo, Kirikù lo raggiunge, si conoscono, devono sconfiggere la strega, con un finto cappello tendono un tranello a Karabà, capiscono così che possono avvicinarsi alla sua capanna. Giunge la vendetta, la strega prende tutto l’oro del villaggio, e il feticcio accende fuochi. Con ostinazione il piccolo entra in una grotta è qui che un animale panciuto blocca l’acqua che va al villaggio, non vi è nessun maleficio, e così il fiume viene liberato, tutti festeggiano, la terra viene coltivata e torna la gioia. Ma i campi vengono distrutti perché una iena in cerca di un piccolo scoiattolo rovinerà le seminagioni, ancora una volta Kirikù lo scopre. Poi rincorre la iena, e da un albero la colpisce con un favo di miele, le api cominciano a pungere, l’animale fugge circondata dagli insetti.
Nel villaggio torna la felicità e gli abitanti iniziano a produrre degli oggetti di argilla che dovranno vendere al mercato, durante il viaggio incontrano un bufalo, caricano tutto sulla sua groppa, ma quando l’animale comincia correre gli oggetti si rompono, solo Kirikù salverà i suoi piccoli manufatti e ancora una volta porta ricchezza nel villaggio. Ma Karabà osserva tutto con il suo feticcio, e nasconderà il fiore del veleno nella birra, le donne e gli uomini si ammalano ,ora si dovrà cercare il fiore delle guarigione che si trova nelle lontana terra, vicino alla capanna della strega Karabà.
Il Nonno saggio delle montagna, svela al Kirikù del maleficio delle spina avvelenata che gli uomini cattivi hanno conficcato nella schiena di Karabà. Inizia il viaggio più duro, il piccolo attraversa i sotterranei, animaletti lo accompagnano in questo affascinante percorso, e poi uscirà e conoscerà tutti gli animali della savana, prenderà il fiore della guarigione e al villaggio torna la vita. Si traveste da finto feticcio e via verso Karabà, si nasconde sotto la capanna e poi con furbizia si avvicina alla donna e con i denti strappa la spina maledetta dalla sua schiena.
Tutti gli incantesimi si sciolgono, Karabà rivela tutta la sua bellezza e Kirikù diventa un bellissimo giovane guerriero, i due si baciano. Prove, sconfitte, vittorie, riti di iniziazione, rapporti con gli elementi della terra, con gli animali, magia, riconoscimenti, risoluzioni, astuzia e coraggio per sconfiggere l’antagonista, Il bene trionfa sul male e l’eroe riporta nel villaggio armonia e serenità. Gli opposti si scontrano: bene-male, donne-uomini, piccolo-grande, coraggio-paura, veritàcredenze.
La storia nasce dall’Africa e vive delle forme del racconto che, nella tradizione africana, diventa un “lungo tempo del racconto”, in forma additiva si innestano altre storie ed altre origini. Nella tradizione africana, il racconto diventa anche animato, gli spettatori sono difronte ad una “capanna”, da dove nascono storie, oggetti, personaggi, animali, atmosfere del tempo. Ed in questo cerchio si danza, si ascolta, si risponde, si partecipa, Questa è la forma del nostro spettacolo: musicisti, voce narrante, animatori-interpreti, stoffe e oggetti africani.
Lo spettacolo vuole anche offrire temi di riflessione quali: la nascita e la crescita, le paure e i desideri, la capacità di affrontare le difficoltà e di superarle, il singolo e il gruppo, la distinzione tra fantasia e realtà, la conoscenza di altre forme culturali (i suoni, la struttura di un villaggio che qui diventa la struttura delle spazio scenico…), economiche (il lavoro femminile e maschile, l’importanza dell’acqua, il tema della desertificazione…), religiose (simboli, feticci, culto degli antenati, riti magicopropiziatori…), naturalistiche (il territorio e gli animali).
La parola nella funzione narrativa diventa apertura su situazioni e dettagli oggettuali tipici della tradizione africana: materie, suoni, voci in uno spazio che vuole ricordare e salvare una cultura, un continente… l’Africa, come in una grande pittura di Henri Rousseau.