Recensioni
Bestie rare, un monologo che gioca facile con lo spettatore
Al Teatro del Grillo di Soverato è andato in scena il monologo con Angelo Colosimo diretto da Roberto Turchetta
Ad Angelo Colosimo piace giocare facile. E non lo nasconde fin dal sottotitolo del suo “Bestie rare”. Il suo “semi-dramma in lingua calabra” è proprio questo: due cose insieme – il dramma e qualcos’altro -, fatte entrambe con lo scopo di colpire nel segno. Andato in scena la scorsa domenica al Teatro del Grillo, diretto da Roberto Turchetta, è un monologo scritto dallo stesso interprete che racconta una “marachella” ad opera di due ragazzini: Colosimo dà voce a un bambino che narra della furia del paese che lo segue nel percorso dalla casa di Mico – nella cui canna fumaria lui e il suo amico Nicolino hanno gettato un grosso masso -, fino alla sua. Con cambi di registro più o meno riusciti, l’attore e autore porta in scena una carovana di personaggi che facilmente si possono riconoscere in ogni paese: a partire dallo stesso Mico, passando per la terribile zia Lisa, con qualche luogo comune qua e là, tutti gli spettatori sono chiamati a prendere parte al narrato attingendo dalla propria memoria e infanzia. Si ride, in questa prima parte, o per lo più si sorride, di fronte alla meraviglia dovuta alla cattiveria degli adulti da parte di un bimbetto che sembra innocente – tant’è che la pietra è stata gettata in realtà da Nicolino, lui è “solo” complice -, pur sottolineando la bestialità dei paesani. Le bestie rare si potrebbe pensare siano quelle, e invece no, perché Colosimo prosegue con un finale decisamente e volutamente ad effetto. I due bambini hanno consapevolmente gettato la pietra per vendicarsi degli abusi – da loro neanche pienamente capiti, ma comunque percepiti -, da parte dello stesso Mico e del parroco del paese. Sono loro le bestie rare, ma non solo. Colosimo non si risparmia nel disgusto provato dal bambino, raccontato da questo alla mamma che, ancora peggio, gli consiglia di tacere di fronte a simili oscenità. È un pugno nello stomaco, il finale di questo “Bestie rare”, che disorienta lo spettatore trascinato fin là in maniera non propriamente corretta, di sicuro una scelta precisa, fatta per colpire.
Sarà a causa delle piccole dimensioni del palcoscenico del Grillo, c’è da dire inoltre che la circolarità dei movimenti dell’attore, che gira di continuo, nelle intenzioni a simulare un’arena come quella dove lottavano i gladiatori – con il pubblico in attesa di uno spettacolo cruento -, non è stata molto evidente.
Rimane ad ogni modo nello spettatore un voluto senso di disagio, che si porta fino a casa.